Nella foto, il Gorilla inaugura la centrale di Monte Pagliaro
Nel marzo 2011 uno tsunami spazzò via la centrale nucleare di Fukushima: a distanza di 13 anni si è potuto cominciare a caratterizzare i detriti da rimuovere, stimati in circa 900 tonnellate di materiale radioattivo.
Lo smantellamento dell’impianto è “previsto” – si fa per dire – tra il 2041 e il 2051.
I disastri hanno la coda lunghissima e condizionano le vite di chi ci incappa, per un tempo molto lungo.
Anche le sciocchezze non sono da meno.
Due anni di giunta Feola-Ambrosino hanno bloccato progetti e investimenti ma, soprattutto, fatto perdere occasioni che non si ripeteranno presto, come il PNRR: che forse non verrà utilizzato, ma che certamente non verrà utilizzato, finchè restano lì, per fare le cose di cui l’isola ha bisogno, come la messa in sicurezza idrogeologica, per cominciare.
Se andassero via domani, o la settimana prossima, occorreranno dei mesi per aggiornare i progetti e farli ripartire e, contemporaneamente, per immaginare una nuova gestione amministrativa: intanto, niente depuratore, niente interventi sul porto borbonico, niente promozione territoriale – l’isola comincerà ad averne bisogno -, raccolta dei rifiuti come nel 1970, niente progetti di sviluppo.
L’unica cosa che doveva restare immutabile nel tempo, secondo loro, sono i 20.000 litri di gasolio da bruciare ogni giorno per produrre energia, mentre tutto il resto del mondo si sta organizzando diversamente, da tempo.
L’addetto stampa del Comune di Formia, in questi giorni, sta diffondendo un comunicato che dà conto delle numerose iniziative assunte per il turismo “oltre stagione”: senza entrare nel merito dei numerosi progetti – alcuni davvero originali – è evidente che a fare il Sindaco, a Formia, c’è un signore che ha visione e strategia.
A Ponza, invece, c’è uno che, quando sarà riuscito a fare approvare la gara per la raccolta dei rifiuti, consegnerà all’isola un progetto “vintage”, vecchio di quarant’anni.
La produzione e distribuzione di energia è stata l’unica ossessione politico-amministrativa di questo “gruppo di amichetti”, dal 2012 ad oggi.
Se avessero fatto il loro lavoro, oggi saremmo a poco più di un anno dalla conclusione dei lavori del porto a Cala dell’Acqua, il valore immobiliare delle Forna sarebbe già schizzato alle stelle e staremmo progettando le varie iniziative di promozione territoriale.
E invece, niente: stiamo tutti aspettando, e sperando, che volontà esterne a Ponza ce li tolgano di mezzo, mentre, grazie a loro, abbiamo accumulato almeno cinque anni di ritardo sulla contemporaneità.
Oltre a diverse centinaia di migliaia di euro di debiti, derivanti dai contenziosi giudiziari che quest’amministrazione è incapace di gestire, che non sono stati segnalati alla Corte dei Conti e di cui parleremo prossimamente.
Intanto, abbiamo assistito ad episodi tragicomici, come l’affidamento della Zona di Conservazione Marina Speciale ai peggiori inquinatori della storia ponzese, da parte della Regione.
Ma non c’è solo questo.
All’immobilismo amministrativo – e intellettuale – degli amministratori, ne corrisponde uno speculare, da parte degli amministrati: che poi è lo stesso della maggior parte degli abitanti di questo pianeta.
Il guaio è che il futuro non è più quello di una volta.
Bixio, su Ponzaracconta di qualche giorno fa, ricorda, in modo suggestivo, i suoi viaggi e le esperienze in giro per il mondo e parla della fortuna di avere, oggi, un posto dove tornare: il luogo della sua memoria, la sua “heimat”, la terra dei padri.
La nostra generazione ha avuto questa fortuna, che le è toccata quasi senza far nulla:
le mie figlie, invece, dovranno sudarsela, e duramente.
Non solo perché un giorno, mentre passeggi con il cane, può accadere che in tre ore cada la pioggia di un anno: e questo è ciò che viviamo, ormai.
Ma anche perché masse di persone, ovunque nel mondo, hanno incominciato a pretendere la qualità di vita che abbiamo noi: gliela sbattiamo in faccia tutti i giorni, in ogni angolo della terra, attraverso le tecnologie di comunicazione delle quali siamo ormai dipendenti, e adesso vengono a cercarla.
Non serviranno muri, guardie armate, centri in Albania o altre stupidaggini: arriveranno e forse saranno vicini di casa migliori di quelli che abbiamo adesso, a giudicare dalla cronaca degli ultimi giorni.
Per questo, affrontare il futuro senza un progetto è semplicemente folle.
Vale anche per Ponza.
Questa storia che si lavora tre mesi l’anno, poi si emigra in terraferma, non si produce nulla o quasi, si compra e si rivende a masse, apparentemente inesauribili, di turisti maleducati e disattenti…tutto questo non produrrà, né conserverà i ricordi di Bixio.
Produzione agricola a basso impatto, confezione e maglieria “identitarie”, oreficeria originale, ceramica – è l’isola della bentonite, ricordiamolo – , conserve alimentari artigianali…tutte attività che si svolgono d’inverno ma, soprattutto, tengono viva e coesa una comunità.
Se non ne esiste più traccia a Ponza – ma non ci credo – bisogna riportarcele e farlo sapere al mondo.
Ho nostalgia dell’emporio di Hydra del 1987: era sulla banchina principale del porticciolo.
Ci arrivammo di notte, in agosto, l’isola era silenziosa, pulita: c’era un asino legato ad un lampione, vicino agli ormeggi.
L’emporio lo scoprimmo l’indomani: c’era odore di affumicato, di grasso foca o balena, non so, candele di cera d’api e viti in ottone a testa piatta, a taglio, di tutte le misure.
E petrolio lampante, per le lampade: un’altra era geologica.
Non ritorneremo a quel mondo, ma adesso c’è un supermarket e non è meglio.
Bisogna trovare la capacità di mettere in gioco idee, creatività, ricerca, lavoro e risorse.
E, soprattutto, una buona amministrazione.
Appena mandati a casa Ambrosino e soci, ci si può provare.